Non guardare nell’obiettivo. La realtà è puro terrore.
Appartenente alla schiera di titoli indipendenti che hanno cercato di raccogliere l’eredità di P.T., il celebre teaser cancellato di Silent Hills di Hideo Kojima, e che ha fatto innamorare e sognare migliaia di amanti del genere, MADiSON, videogioco horror psicologico in prima persona, pubblicato nel luglio 2022, si presenta come una vera e propria discesa negli abissi della mente umana e nel terrore soprannaturale. Il gioco, realizzato dallo studio argentino BLOODIOUS GAMES, ha un marcato approccio intimo nonché disturbante, che fa della tensione costante e dell’atmosfera opprimente i suoi tratti distintivi.
L’opera di BLOODIOUS GAMES non è solo un horror creato per spaventare, ma un vero e proprio studio sull’ansia e sulla dissociazione mentale. La trama, dal ritmo lento, psichedelico ed ipnotico, costringe il giocatore a scendere sempre più in profondità, per svelare il mistero che circonda il protagonista e la sua famiglia. MADiSON è un’esperienza pensata per chi ama l’orrore psicologico puro, la tensione costante e le narrazioni criptiche, e desidera qualcosa di più profondo rispetto a una semplice sequenza di mostri e urla.


BLOODIOUS GAMES ci catapulta in un incubo
BLOODIOUS GAMES è uno studio di sviluppo indipendente con sede in Argentina, fondato da Nicolás Onetti e da altri sviluppatori provenienti da ambienti sia cinematografici che videoludici. Questo background si percepisce nettamente in ogni scelta visiva e narrativa del gioco, il quale trabocca di una cura maniacale per la messa in scena, il ritmo, il montaggio delle sequenze e la costruzione visiva del terrore.
Nonostante si tratti di un piccolo studio indipendente, BLOODIOUS ha fatto un lavoro notevole nel creare un gioco che nulla ha da invidiare a titoli realizzati da software house molto più grandi. Una scelta vincente è stata sicuramente puntare su una produzione contenuta ma ben focalizzata: pochi ambienti, pochi personaggi, una storia racchiusa in una sola location principale, ma con una profondità narrativa e tecnica che lo rendono un vero e proprio film del terrore, ma videoludico.
Il team si è ispirato non solo a P.T., ma anche a film horror classici e moderni, così come a esperienze spirituali e folclore sudamericano, senza scendere mai a compromessi con la mission stilistica: MADiSON doveva essere un horror vero, senza alleggerimenti o elementi che potessero virarne l’esperienza. Lo è stato. Ecco perché gli sviluppatori hanno dichiarato di aver rifiutato combattimenti o “finali felici”.
Il successo di MADiSON è la riprova che anche piccoli team indipendenti possono realizzare titoli capaci di affascinare e disturbare profondamente, senza grandi budget ma con una visione chiara e coerente. Bloodious Games ha continuato a supportare il titolo con aggiornamenti tecnici e aggiunte minori, mentre non poche voci sussurrano che stiano lavorando a un nuovo progetto nello stesso universo narrativo, o comunque nello stesso stile. Aspettiamo con trepidazione.



Disturbo, terrore, possessione, culto oscuro: non manca nulla!
La trama di MADiSON è volutamente criptica e confusionaria, ma si sviluppa attorno a un nucleo chiaro: il viaggio di Luca, un giovane adolescente che si risveglia intrappolato nella casa dei suoi nonni, insanguinato e confuso, senza sapere cosa sia accaduto. Fin dai primi istanti si intuisce che è successo qualcosa di profondamente disturbante: visioni, voci disincarnate, apparizioni fugaci e strani eventi che sfidano le leggi della logica tormentano il nostro protagonista sin dal suo risveglio.
Il cardine attorno a cui ruota l’intera esperienza è una macchina fotografica istantanea, una polaroid ereditata, che permette di alterare la realtà e accedere a nuove dimensioni. Attraverso ogni scatto, l’ambiente può cambiare, ponendo il giocatore in un labirinto fatto di memorie frammentate, presenze spettrali, enigmi ambientali e un passato familiare ormai compromesso. Non troveremo, giocando MADiSON, armi o nemici da combattere, ma solo la vera paura, l’indagine e la sopravvivenza mentale. È un prodotto che va all-in sulla psicologia del terrore, rifiutando i classici cliché a favore di un orrore più viscerale, quasi intimo.
Ambientato principalmente in una casa fatiscente, il gioco ci avvolge nell’oscurità, nella solitudine, spiazzati talvolta da jump-scares, comunque non centrali, perché saremo terrorizzati da qualcosa di molto più sottile: suoni ambientali, luci intermittenti, messaggi nascosti nelle fotografie e cambiamenti ambientali improvvisi.


Quando Luca scopre la vecchia Polaroid, appartenuta a Madison Hale, una donna accusata di orrendi omicidi rituali negli anni ’80, la storia si sprigiona in tutta la sua potenza. Scopriremo presto che Madison aveva utilizzato proprio quella macchina fotografica per compiere i suoi sacrifici, per richiamare entità maligne attraverso rituali occulti. Dopo la sua morte, l’oggetto è rimasto infestato, diventando un veicolo attraverso cui il male continua a trasmettersi, rendendo Luca la vittima prescelta.
In questo viaggio nei meandri della psiche di Luca, rivivremo eventi della sua infanzia, scoprendo verità sepolte da suo padre e suo nonno, realizzando come il male abbia contagiato da sempre la sua famiglia. La narrazione emerge da registrazioni audio, lettere, appunti scritti a mano, fotografie e analisi ambientale degli oggetti sparsi nelle stanze. Dovremo allora ricostruire la vicenda autonomamente, interpretando ogni frammento narrativo come un indizio in un mosaico deformato.
Il momento topico si verifica quando il protagonista comprende di essere irrimediabilmente legato al destino di Madison Hale. La possessione non è un rischio futuro, ma qualcosa forse di inevitabile. La macchina fotografica, inizialmente strumento di indagine, si rivela un catalizzatore demoniaco, capace di aprire porte tra mondi e rivelare ciò che avrebbe dovuto restare nascosto per sempre. In MADiSON non c’è salvezza vera: l’orrore non viene sconfitto, ma solo compreso.


Atmosfera degna di un film
La forza narrativa di MADiSON è nell’atmosfera, e nella sua capacità di evocare un trauma. La storia si può sviluppare soltanto facendo ricorso al nostro coraggio, attraverso Luca, di esplorare ciò che fa paura. La narrazione ambientale è altresì raffinata, disseminando con sapienza oggetti di uso quotidiano, fotografie bruciate, crocifissi rovesciati, diari di famiglia, messaggi sussurrati da nastri audio), confondendo costantemente il giocatore su ciò che è reale e ciò che è simbolico. La Polaroid diventa quasi il narratore, che rivela il “non visto”, contribuendo in modo attivo alla progressione della storia, mentre l’intero passato familiare di Luca prende forma attraverso le voci dei defunti e i documenti nascosti. Si ha così la sensazione costante che ogni parete racconti un pezzo della storia, e che ogni passo porterà sempre più nell’abisso dell’incubo.
La voce narrante di Luca, spesso in preda al panico o alla disperazione, contribuisce a umanizzare l’esperienza e a creare un legame emotivo forte con il giocatore. Non siamo dinanzi al classico eroe, ma ad una vittima, vulnerabile e non pronta alle forze che stanno prendendo il sopravvento dentro di lui. È grazie a loro che il giocatore si accosterà a temi evocativi, come la malattia psicologica, come il suicidio o la violenza domestica, oltre che temi esoterici, come il culto del male più puro.
A condire il tutto è il modo in cui la memoria viene rappresentata come corrotta e instabile, con stanze cambiano disposizione senza preavviso, con fotografie che mostrano immagini diverse dalla realtà, e spesso ciò che si crede di aver capito viene ribaltato da nuove scoperte. Questa instabilità narrativa è deliberata, e serve a rafforzare il senso di vulnerabilità e perdita di controllo del giocatore. Quella di MADiSON è un’esperienza vera e propria, soggettiva, fatta di intuizioni, ipotesi e sensazioni. È una narrazione che non guida, ma destabilizza, non consola, ma turba.


Un design curato e appassionato
Dal punto di vista tecnico, MADiSON si presenta come un titolo sviluppato con un motore grafico moderno, quale è Unity, abile nel rendere atmosfere e luci quanto più cupe e suggestive possibili. Infatti, quello che colpisce fin dai primi minuti è l’attenzione al design degli ambienti: la casa in cui si svolge quasi tutta l’azione è modellata con cura maniacale; ogni stanza è una scenografia dettagliata, decadente, che profuma di abbandono e pericolo imminente. Continuamente cambia, si trasforma, spesso con modalità inquietanti che confondono il giocatore e amplificano il senso di smarrimento. Questo dinamismo spaziale è uno dei punti forti del comparto grafico, perché va oltre la semplice estetica e diventa un elemento narrativo a sé.
La gestione della luce e delle ombre è particolarmente efficace: il gioco sfrutta fonti di luce dinamiche, come il flash della macchina fotografica o le luci intermittenti dei lampadari, per creare atmosfere cariche di tensione. Le zone buie sono ampie e dense, facendo affidamento sul contrasto tra ombra e luce per generare suspense e momenti di sorpresa.
Il comparto tecnico mostra talvolta alcune limitazioni: le texture a volte appaiono sgranate o poco definite, e la qualità poligonale non raggiunge livelli estremamente elevati, probabilmente dovuti a vincoli di budget e di risorse, tipici degli studi indipendenti. Questo però non si traduce in un danno estetico: al contrario, se vogliamo, in linea con lo studio, può ricordare certe pellicole horror degli anni ’80 e ’90, un’estetica quasi retrò che funziona perfettamente con il mood psicologico del gioco.
Effetti paranormali, distorsioni visive, bagliori spettrali, interferenze analogiche nella visuale della macchina fotografica, sono un altro elemento distintivo, contribuendo a rendere tangibile la sensazione di un mondo che si sfascia e si mescola con dimensioni sovrannaturali. Le animazioni sono discrete, con movimenti realistici per il protagonista e nelle interazioni con gli oggetti, anche se non si possono definire eccelse. In conclusione, il comparto grafico di MADiSON è un piatto di ingredienti stilistici intelligenti e alcune limitazioni tecniche che non ne compromettono però la riuscita. La forza visiva sta nell’uso sapiente di luci, ombre, distorsioni e ambientazioni claustrofobiche, che insieme costruiscono un’esperienza visiva estremamente coerente con l’anima del gioco, che sopperisce a qualsiasi defezione.


Suono che rasenta la perfezione
Il comparto sonoro è uno degli aspetti più apprezzati e fondamentali di MADiSON. Qui si percepisce chiaramente la cura maniacale dedicata dagli sviluppatori a creare un ambiente sonoro immersivo e psicologicamente denso. Il gioco utilizza un sistema di audio 3D spaziale avanzato che fa sì che ogni rumore abbia una posizione precisa nello spazio virtuale. Questo aumenta la tensione e la sensazione di essere costantemente osservati o seguiti da presenze invisibili. Il sound design fonde effetti ambientali come scricchiolii del legno, battiti di cuore accelerati, respiri affannosi e rumori indistinti, con silenzi pesanti e improvvisi.
La colonna sonora è minimale e molto ben dosata: musica drammatica e inquietante interviene solo nei momenti chiave per sottolineare la suspense o il climax emotivo, evitando di essere invadente o ripetitiva. In molti passaggi, il silenzio diventa esso stesso un elemento di tensione, quasi opprimente. Particolarmente notevole è l’integrazione sonora della macchina fotografica istantanea. Ogni scatto produce un suono secco e disturbante, da pelle d’oca, rompendo il silenzio e caricando di ansia ogni momento. Anche messaggi vocali, diari sonori, e nastro registrati da personaggi ormai scomparsi, sono riprodotti con una cura tecnica che li rende credibili e coinvolgenti, aumentando il senso di autenticità e immersione. Concludendo quindi, il comparto sonoro di MADiSON funziona come un perfetto catalizzatore di tensione e terrore psicologico, facendo del suono uno degli strumenti principali per immergere il giocatore in un’esperienza angosciante e memorabile.


Gameplay cinematografico e innovativo
Oltre tutto ciò che è stato già detto, per quanto riguarda il gameplay di MADiSON, resta soltanto da aggiungere che si distingue per la sua enfasi sull’esplorazione, la risoluzione di enigmi e l’interazione con un ambiente dinamico e perturbante. Non si fa affidamento su combattimenti o armi, ma sul senso di vulnerabilità e sull’uso sapiente della macchina fotografica. Il cuore del gameplay è allora l’uso della Polaroid: ogni fotografia scattata può rivelare dettagli invisibili all’occhio nudo, modificare elementi dell’ambiente o aprire porte verso dimensioni parallele. Il giocatore deve scegliere con attenzione quando e dove scattare, perché la macchina fotografica consuma una risorsa limitata di pellicole e perché alcune fotografie possono avere conseguenze imprevedibili sull’ambiente.
Gli enigmi sono ben calibrati: non si tratta di puzzle astratti o eccessivamente complessi, ma di rompicapi che richiedono osservazione attenta, uso creativo della macchina fotografica e spesso una buona dose di intuito. Alcuni enigmi prevedono la risoluzione di codici, mentre altri sono legati alla percezione e all’interpretazione degli indizi sparsi nell’ambiente.
Un altro aspetto importante del gameplay è la gestione della paura e dello stress psicologico: MADiSON utilizza vari meccanismi per aumentare il senso di ansia, come la progressiva perdita di lucidità del protagonista, le allucinazioni e la presenza di entità spettrali che possono apparire improvvisamente. Non c’è un sistema di vita tradizionale, ma piuttosto una “resistenza mentale” che si esaurisce man mano che il giocatore si trova esposto a eventi traumatici. Questo sistema innovativo rende il gioco più coinvolgente e aumenta la tensione, costringendo a un approccio più cauto e meditato.
Il world building si sviluppa quasi esclusivamente attraverso la casa e la storia familiare che essa custodisce. La casa non è solo uno sfondo, ma un personaggio a sé stante: in continuo mutamento, essa riflette lo stato mentale di Luca e la presenza maligna di Madison. L’alternanza di spazi ordinari e spazi deformati dal male sovrannaturale crea un dualismo affascinante e opprimente. La storia della famiglia Hale, interconnessa a quella di Luca, emerge lentamente attraverso documenti, fotografie, diari e ricordi, dando profondità e consistenza all’universo narrativo. Si percepiscono riferimenti a culti, possessioni, rituali di sangue e violenze nascoste.


Vincente per la critica
MADiSON si presenta ed è accolto dalla critica come uno degli horror psicologici più riusciti degli ultimi anni, riuscendo a coniugare con efficacia atmosfere inquietanti, una narrativa stratificata e un gameplay innovativo basato sull’uso della macchina fotografica. Apprezzata è stata la capacità di costruire una tensione costante e un senso di angoscia avvolgente. La scelta di evitare scontri diretti e di puntare tutto sull’esplorazione e sul coinvolgimento psicologico è coraggiosa e funziona molto bene in questo genere di prodotto, che calibra i momenti di paura con attenzione.
Degna di nota è anche la storia, complessa e suggestiva, capace di coinvolgere a fondo chi ama le trame oscure e ambigue, da sciogliere fino all’ultimo minuto di gioco. Saremo invitati all’interpretazione ed alla riflessione, orfani di spiegazioni facili e finale “chiuso”, che può rappresentare un limite per chi preferisce una narrativa più diretta e accessibile.
In conclusione, MADiSON è un titolo consigliato a chi cerca un horror psicologico profondo e disturbante, capace di lasciare un segno duraturo, ma meno indicato per chi preferisce un gameplay più dinamico o una narrazione più semplice e lineare.
MADiSON
PRO
- Atmosfera e tensione: MADiSON è un capolavoro nel creare un’atmosfera inquietante e opprimente. La combinazione di ambienti claustrofobici, luci e ombre curate e un sound design di altissimo livello genera una tensione psicologica costante e coinvolgente, capace di tenere il giocatore sul filo del rasoio per tutta la durata.
- Narrativa originale e profonda: La trama è ricca di sfumature e simbolismi, che si dipanano lentamente attraverso l’esplorazione e la scoperta.
- Meccaniche di gioco ben integrate: Il gameplay, è originale e funzionale alla costruzione dell’orrore psicologico.
- Immersione e design ambientale: Gli ambienti sono progettati con grande cura, ogni dettaglio è funzionale a rafforzare il senso di inquietudine. La casa che cambia e si trasforma è un vero e proprio fiore all’occhiello del gioco.
- Audio di qualità: Il comparto sonoro è eccellente, con un uso sapiente di effetti ambientali, suoni 3D e una colonna sonora calibrata.
- Esperienza emotiva intensa: Il gioco affronta temi complessi andando oltre il semplice horror di superficie.
CON
- Ritmo lento: per alcuni giocatori la progressione può sembrare troppo lenta, con fasi di esplorazione e indagine che rischiano di diventare ripetitive o poco stimolanti.
- Limitazioni tecniche: taluni aspetti grafici non sono al livello di produzioni AAA, con texture non sempre dettagliate e animazioni non sempre fluide.
- Narrazione non lineare: L’approccio frammentato e criptico può risultare confuso e dare senso di smarrimento al giocatore.